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La mostra della scandalosa Tamara a Verona

Tamara de Lempicka, eccentrica musa dell’art decò, è stata una vera icona degli anni Venti. La mostra a lei dedicata a Palazzo Forti di Verona racconta l’avventura artistica di questa pittrice attraverso 200 opere tra olii, disegni, fotografie, acquarelli, video e abiti, in un percorso in cui si possono cogliere le suggestioni dei primi del Novecento.

L’itinerario espositivo si svolge in una dimensione storica particolare, tra gli anni ‘20 e ‘50 contestualizzati nella varietà delle opere che raccontano l’artista, l’entourage del mondo da lei frequentato, le sue passioni per la moda (abiti, cappelli, calzature e accessori) e i suoi amori.

La sua forma espressiva, influenzata da matrici cubiste, è impreziosita da un raffinato decorativismo in cui luci e ombre fanno trasparire elementi di malinconia.

I colori sono spalmati sulle tele con un linguaggio descrittivo unico e raccontano una donna moderna, femminile, emancipata, libera e disinibita. Tamara fu anche indossatrice, illustratrice e stilista e i nudi carichi di sensualità di alcune opere raffigurano, tra le altre, le sue amanti.

La sua pittura è espressione di un’artista innovativa e vivace, legata alla rappresentazione della donna di classe dell’epoca, grazie alle frequentazioni con gli stilisti del tempo.

La mostra permette di visionare la moda del periodo e una raccolta di fotografie storiche racconta insieme ad abiti, calzature, cappelli, sciarpe, borse e accessori pregiati, usi e costumi della prima metà del Novecento.

Qualcosa quel giorno alla mostra di Tamara aveva lasciato un segno nella fantasia della giovane Andrea. In particolare era rimasta suggestionata da una foto rappresentante una mano che veniva fuori da una conchiglia, la tonna galea. Era l’opera della fotografa surrealista Dora Maar che aveva trattato lo stesso soggetto della cubista Tamara.

Era come se quella foto scaturisse in lei un ricordo particolare e poco chiaro che durante la notte si trasformò in sogno.

All’improvviso si ritrovò in una stanza buia e silenziosa, nessun rumore si percepiva intorno, tutto sembrava ovattato. Un chiarore al centro della stanza illuminò una grande conchiglia dal cui canale sifonale scaturiva una luce intensa e irreale.

Quel bagliore ricordava i fluidi sinuosi e le multiformi cromie trasparenti dell’aurora boreale. Colori fluidi che si muovevano e si allungavano come braccia, spire avvolgenti che impedivano ogni movimento e non causavano paura, piuttosto una sensazione di allarme, che spingeva a uscire immediatamente dalla stanza.

Immobile, Andrea rimase come paralizzata da un effetto magico. Poi si mosse e appoggiando la mano sul comodino toccò qualcosa che la portò dal sogno alla veglia. Aveva un oggetto in mano: una piccola ammonite comprata in una bancarella per farne un ciondolo. Ciò le fece ricordare il regalo che le aveva fatto la nonna per il suo compleanno. Presa da un impulso improvviso si alzò per andare a cercarlo.

Appeno lo trovò, rimase stupita dalle forme di quel ciondolo: come in un nesso surreale vide una margherita di conchiglie racchiusa all’interno di un quadrato. Sorrise fra sé, ricordando la sensibilità artistica della nonna.

CIK

 

Immagine di: Dora Maar. Sans titre (1934) Fonte: Pinterest