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LA METAMORFOSI DI GLAUCO PESCATORE

Si racconta che nel IV sec. a.C., un giovane della Beozia di nome Glauco, ritenuto figlio di Nettuno, venne a Messina. Era bellissimo, quasi divino e soprannaturale. Egli era solito pescare con la rete a maglie strette, e quando ritirava la sua snella barca, queste erano gonfie di pesci, frutto della sua grande maestria nel riconoscere zone di pescato rigoglioso. Sia sirene che donne ne erano tutte innamorate. Le une si avvicinavano a riva, per vederlo ed ammaliarlo con i loro canti, e figlie di pescatori e donne dalle litoranee vicine, accorrevano per ammirare la sua arte di ammagliare le reti. Un giorno cambiò la zona dove era solito recarsi a pescare e, dopo essere tornato a riva con la barca carica di pesce, vuotò una rete su un prato ma, appena i pesci si trovarono a contatto con l’erba, guizzarono via rituffandosi in mare. Stupito da tale forza arcana e soprannaturale, quasi magica, Glauco pensò che quell’erba possedeva strani e portentosi poteri, e decise di assaggiarne un po’. Via via che masticava e inghiottiva avvenne in lui una metamorfosi: le gambe si unirono trasformandosi in coda, le braccia in pinne mentre il suo corpo si coprì in parte di squame. Era diventato un uomo pesce. Si tuffò in mare e così cadde per sempre nel dominio delle sirene. Forte e vigoroso divenne presto amato e venerato, con il tempo trasformandosi in Glauco, il Tritone dello Stretto di Messina.

“Non sono un mostro, vergine, né una belva feroce,

ma un dio dell’acqua” disse. “E di me non hanno sul mare

più potere Pròteo, Tritone o Palèmone, il figlio di Atamante.

Prima però ero un mortale, ma a dire il vero già allora

il mondo mio era il mare profondo e già allora lo dominavo.

 

La metamorfosi ….

Non potei resistere a lungo. “Addio, terra, addio!” dissi.

“Mai più ti cercherò!” e con tutto il corpo mi tuffai sott’acqua.

Gli dei del mare mi accolsero, onorandomi come loro pari,

e pregarono Oceano e Teti di togliermi ciò che di mortale

potevo ancora avere. Purificato sono da loro

che, pronunciata la formula contro le impurità nove volte,

ordinano che ponga il mio petto sotto il getto di cento fiumi.

E di colpo fiumi scendono da ogni parte

e mi rovesciano addosso un diluvio d’acqua.

Questo è tutto ciò che posso narrarti di quell’evento incredibile.

Solo questo ricordo: di altro non serbo memoria.

Quando rinvenni, mi sentii diverso in tutto il corpo,

diverso da com’ero, e mutato persino nella mente.

Allora mi accorsi di questa barba color verderame,

di questa chioma che trascino sulle distese del mare,

di queste grandi spalle, delle braccia azzurre

e delle gambe che attorcigliate terminano in pinne di pesce.”

(Ovidio, “Metamorfosi”, libro XIII)

Il mito fu fonte di ispirazione per secoli… Statue, dipinti, illustrazioni e bozzetti ritraggono Clauco, Tritone possente ed immortale. L’erba di quei prati vicino le spiagge di Capo Peloro, si tramanda sia stata spesso usata come veleno, ma la leggenda vuole che abbia un non so ché di magico… Quando il vento soffia, agitando le acque di quel mare, l’aria tutta intorno profuma di sali marini ed erba fresca. Un’essenza unica che stordisce, che v’ invita ad abbandonare la terra verso le profondità, quasi a desiderare la metamorfosi in una creatura marina.

A.C.@Style

 

Fonte immagine:  Pinterest