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Io, Marcy e l’universo

“Ci conoscevamo da poco, eppure se dico che mai avrei immaginato di trovare persona più compatibile con i miei desideri, dovete crederci. Sembrava essere nato per realizzarli tutti, uno ad uno; senza lasciare niente in sospeso! Mi ero da poco trasferita a Los Angeles, finito il dottorato di ricerca nutrivo ancora quella speranza di poter continuare la mia strada all’estero. Marcy era un ingegnere aerospaziale, uno con i piedi per terra ma con la testa tra le nuvole.

<< Cosa avrà di così interessante l’universo, rimarrà sempre un mistero! >>, gli ripeteva in continuazione.

Quel giorno passeggiavamo mano nella mano in centro, io e Marcy, spensierati, intenti a godere di quell’atmosfera domenicale così dolce. Camminavamo uno di fianco all’altra, attaccati quasi per paura di perderci tra la gente, o di sprecare un solo attimo senza sentire l’uno la presenza dell’altro. Mentre passeggiavamo ad un certo punto Marcy si fermò di colpo, come se avesse visto da lontano un fantasma, ma seguì un sorriso, il che mi tranquillizzò. Mi disse chiudi gli occhi. E io obbedii, ma lo seguii ciecamente. Dal quel momento fu un susseguirsi di sensazioni. Difficili da spiegare, ma in breve posso dirvi, che mi si spalancarono delle porte, come se la mia mente si fosse aperta a qualcosa di vastissimo, che percorresse infinite distanze. Sentii la sensazione di entrare all’interno di una stanza, non del tutto buia, ma comunque isolata dall’esterno, si sentivano come delle saette, dei cigolii, dei suoni acuti e altri un po’ più gravi, vento, dei lampi, dei suoni sottili, che rimbalzavano e correvano da ogni direzione verso le mie orecchie. Marcy capì che ero un pò spaesata e cominciò a spiegarmi qualcosa. Senti questi suoni, mi disse? È il suono di 19 satelliti che orbitano attorno alla terra. Cominciavo a capire, si trattava di un’installazione d’arte quasi sicuramente. Ciò che invece non capivo era il percorso, circolare per l’appunto. Avevo la sensazione di muovermi sempre verso l’interno. Che strano pensavo… Ad un certo punto ci fermammo, Marcy mi disse che eravamo arrivati al punto di arrivo, al centro di tutto. Si avvicinò ancora di più a me, sentivo il suo profumo, mi tolse la benda e mi invitò a guardare in alto. Un foro proiettato verso il cielo, un occhio per scrutare l’universo, stava lì immobile ad incorniciare un pezzo di blu, e intorno a me le pareti di una struttura spiraliforme.”

Ispirati dalla sensazione di ascoltare i suoni del mare all’interno di una conchiglia, gli Architetti dello Studioka, hanno creato in occasione della mostra alla Huntington Library, Art Collection and Botanical Gardens di Los Angeles, il NASA Orbit Pavilion: un guscio per ascoltare i suoni dello spazio.
L’oggetto in questione è un padiglione di metallo a forma di conchiglia, creato in collaborazione con il NASA Jet Propulsion Laboratory e il sound artist Shane Myrbeck, che offre ai visitatori l’opportunità di ascoltare il suono dei satelliti in orbita intorno alla terra.

 Il viaggio all’interno del padiglione ha forma di nautilus, infatti, fornisce uno spazio in cui immergersi totalmente e lasciarsi guidare dalle sensazioni sonore.

L’installazione ripropone il movimento di 19 satelliti attraverso i suoni, proprio come quando si appoggia il guscio di una conchiglia all’orecchio per ascoltare il rumore dell’oceano.
I 100 percorsi orbitali sono stati ricreati con dei pannelli di alluminio che si incastrano intorno a una rete curva di tubi di alluminio.

Gli altoparlanti sono disposti sui tubi di alluminio e seguono il percorso del visitatore secondo uno schema ben preciso progettato dall’artista e compositore Shane Myrbeck per mappare, tradurre e diffondere i suoni dei satelliti in tempo reale.

Un perfetto connubio tra arte e scienza, dove ancora una volta, le forme perfette ed esatte della natura, dettano le regole e ne sono protagoniste.

“Marcy mi guardò e sorrise: << Che credevi bambina? Di essere veramente nello spazio?… semplicemente una conchiglia! Nient’altro! >>.

lo guardai sorridendo, e tempestandolo di domande, dirigemmo i nostri passi verso il vialetto di casa. Quella sera parlammo fino a tarda notte, poi prima di andare a letto entrai in cucina e mi avvicinai alla conchiglia che mi aveva regalato la nonna prima della partenza. La poggiai all’orecchio, e improvvisamente, nel silenzio della notte, sentii il suono di casa.”

ALK@art

 

Fonte immagine: designboom.com