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MELODIA DEL MARE

“Sembrava che il mare ci cullasse e mentre volteggiavamo tra i tavoli, sfiorando lampadari e poltrone, capii che in quel momento quello che stavamo veramente facendo era danzare con l’oceano… noi e lui, ballerini pazzi e perfetti, stretti in un torbido valzer sul dorato parquet della notte. Oh yeah!”

La prima cosa che mi colpì in lui fu il suono delle sue dita che scorrevano sopra i tasti del pianoforte…. E il tutto mi rimandò a quel magico film “La leggenda del pianista sull’oceano”. Questa cosa non pensavo avesse un peso fondamentale, sarò sincera, eppure quella volta che lo sentii suonare in quel luogo, qualcosa cambiò in me per sempre. Ammetto che all’inizio non mi importava molto di lui, non lo conoscevo affatto. La gente diceva che aveva vissuto la sua intera vita su una nave, che lì era perfino nato, lì aveva imparato a suonare il pianoforte, lo aveva addomesticato e che dalla nave non era mai sceso,  fino ad un certo giorno della sua vita. Un tipo strano come dire, che suonava della buona musica. Finché un giorno, non so dirvi come, accadde che dopo un suo concerto egli si diresse verso di me. Fu così che cominciò una delle più importanti storie della mia vita, e non poteva che cominciare così. Una donna, seduta in un bar, ed un uomo che le lascia un biglietto con su scritto l’indirizzo di un ristorante ed un orario a cui presentarsi. Varcata la soglia del locale vidi per prima cosa uno strano bagliore che si diffondeva intorno. Non capivo da dove venisse così tanta luce, mi voltai verso il soffitto e vidi qualcosa che non scorderò mai più. Uno spettacolo di luci soffuse era sopra i nostri occhi, lampadari costellati di milioni e milioni di conchiglie madreperla. Una luce calda che colpiva e faceva brillare ogni cosa intorno. Sembrava di essere immersi nel fondale dell’oceano e sopra la nostra testa stalattiti di conchiglie. Mi accompagnò ad un tavolo, lasciandomi immersa in quelle sensazioni uniche, si diresse verso il piano, sistemò lo sgabello, si sedette, chiuse gli occhi e cominciò una delle sue più belle melodie.

L’esclusiva ed iconica lampada da soffitto formata da lamelle di conchiglie progettata da Verner Panton (1926-1998) nel 1982,  installata nell’ex Weinstube del Ristorante Kunsthalle di Basilea. L’architetto e designer danese celebre per l’iconica Panton Chair, ha abitato a Basilea, dove frequentava regolarmente il Ristorante Kunsthalle, dal cui soffitto pende oggi quest’opera di design unica nel suo genere, composta da migliaia di lamelle di conchiglia traslucide tagliate una ad una e fissate ad una corda sottile come fossero dischi opalescenti che disegnano un vero e proprio paesaggio capovolto. L’opera monumentale è divenuta finalmente accessibile per la prima volta da oltre 30 anni ed ora abbellisce una sala mettendo in evidenza la sua eleganza e singolarità.

Per la prima volta sentii il suo cuore, la sua anima. Non esisteva più nessuno in quella stanza, solo lui ed il suo pianoforte, ed io che stavo lì con le orecchie ed il cuore ben aperti, pronti ad ascoltare le note che una dietro l’altra venivano fuori da quei tasti neri e bianchi. Il tocco delle sue dita su quei tasti, talvolta decisi, altre volte leggeri e sensuali, faceva volare la mia fantasia a miglia e miglia di distanza. Si perché lui suonava, ma nella mia mente riuscivo ad immaginare perfettamente cosa stesse vedendo lui con i suoi occhi chiusi. Sapeva trasportarmi fin dentro l’oceano, sentivo il rumore delle onde infrangersi sulla prua di una nave, sentivo i gabbiani che volavano intorno per poi poggiarsi sulla ringhiera bagnata dalla salsedine. Sentivo il vento sul ponte accarezzarmi i capelli. E poi giù, nel fondale, sentivo la sabbia bagnata e morbida sotto i piedi, sentivo le alghe dondolare qua e là cullate dalle correnti marine. Sentivo e vedevo, i raggi del sole che filtravano dall’alto e attraversavano quel profondo blu. Sentivo l’odore del mare. Sembrava che quel pianoforte prendesse vita e cominciasse a danzare insieme a noi, nell’oceano.  Non ricordo esattamente quando accadde tutto ciò, ma ricordo con certezza la melodia che stava suonando in quel momento. Non sapevo molto di lui, ma quella musica mi bastò per capire la profondità del suo cuore, e tutta la sua malinconia, come se la sua musica riuscisse a far rivivere quelle conchiglie, come se si sentisse finalmente a casa, in quel momento, il mare.

 

KONK@art

 

Fonte immagine: www.designdaily.com.au