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Step by step… Tango a Graz

Mi ero da poco trasferita a Graz e quella sera non potevo fare a meno di dissolvere tutte le mie stanchezze in un sano calice di vino. Me ne stavo lì seduta al bancone del bar, avevo da poco ordinato, quando si avvicinò un uomo. Sembrava un viso familiare, ma all’inizio ci misi un po’ per capire che si trattava di lui, capelli legati stavolta, camicia nera e occhi blu come il mare…

…Una volta arrivata in città, decisi subito di andare in giro da brava turista fai da te, e cominciai ad esplorare le bellezze di Graz, partendo al sito più vicino, il Burg, l’odierna sede del Governatore della Stiria, un vero gioiello immerso nel cuore storico di Graz. Così come spiegava la guida, si trattava di un residenza degli Asburgo costruita a partire dal 1438, in una pluralità di stili diversi che arrivavano fino al gotico e al rinascimento. L’attrazione principale era una scala a doppia elica, presente all’interno del palazzo; un capolavoro che, a prima vista, sembrava piuttosto un’illusione ottica. La storia dell’edificio sembrava incastonata nella pietra di quei gradini, e si mostrava in tutta la sua bellezza, raccontandosi gradino dopo gradino. Friedrich, allora duca della Stiria, aveva deciso la costruzione di una nuova residenza a Graz nel 1438. Dopo la morte di Friedrich, i lavori al Burg di Graz erano stati mandati avanti da Massimiliano I, figlio di Friedrich, al quale si deve la costruzione nel 1499 di una delle più belle scale gotiche d’Europa, che mi apprestavo a percorrere. Una scala a doppia elica, due scale separate che ad ogni piano s’univano, per poi dividersi, per poi unirsi ancora…. Un capolavoro di architettura spesso interpretato come simbolo di eternità. I grazesi la chiamavano ” scala della riconciliazione”. Sentieri separati che portano alla riunione.

Separazione e riconciliazione. Anche l’architettura talvolta può custodire sorprese.

Varcai la soglia di ingresso, entrai nella scala e cominciai a salire gradino dopo gradino. Mi guardavo intorno provando un emozione incredibile, sembrava di andare verso l’infinito, o ancora di rimanere incastrati tra gli intradossi che si intrecciavano come le valve di una conchiglia.. Salivo col naso all’insù, percorrendo con le mani anche le pareti che mi circondavano. Ad ogni piano le due scale si congiungevano, invitando quasi a percorrere l’altra scala per cambiare prospettiva. L’intradosso della scala si contorceva su se stesso come lo scheletro di una conchiglia, i gradini sembravano scavati nella roccia. Credevo di essere sola in quel momento ma più salivo e man mano sentivo un rumore quasi impercettibile diventare sempre più chiaro. Il suono inconfondibile di uno scatto fotografico, “una reflex” pensai subito. Non so se per la fatica che sentii nel salire quei gradini, o per la gioia di essere arrivata in cima, ma posso dirvi che, sebbene parte del corpo macchina gli nascondeva il volto, l’arrivo in cima non fu niente male. Mi ritrovai davanti un ragazzo intento a scattare le sue foto che ancora ricordo. Lo salutai ma non udii alcuna risposta. Silenzio. Pensai fosse uno del luogo, solitamente non sono molto calorosi. Mi sentii quasi di disturbarlo, tanto che con molta discrezione mi affacciai all’esterno, scattai qualche foto e presi a contemplare un po’ il paesaggio. Non passò molto che decisi di riprendere la strada del ritorno, cosa che fece anche lui, percorrendo la scala parallela alla mia. I nostri destini si erano ormai incrociati in modo del tutto casuale, e fu per caso, che al primo incrocio tra le due scale, riuscii a notare i suoi capelli color oro, che gli incorniciavano il volto. E fu sempre per caso, che nel successivo incrocio lui alzò finalmente lo sguardo e potei notare i suoi occhi azzurri color del mare. Non sto qui a raccontarvi che ovviamente ad ogni piano ci incontrammo, dal primo fino alla fine. E quella scala così misteriosa, fu un esperienza che mi cambiò il corso della giornata, e non solo.

Mi ero da poco trasferita a Graz e quella sera non potevo fare a meno di dissolvere tutte le mie stanchezze in un sano calice di vino. Me ne stavo lì seduta al bancone del bar, avevo da poco ordinato, quando si avvicinò un uomo. Sembrava un viso familiare, ma all’inizio ci misi un po’ per capire che si trattava di lui, capelli legati stavolta, camicia nera e occhi blu come il mare. Tra un sorso e l’altro ci raccontammo le nostre reciproche delusioni, e quando il suono di quel violino si insinuò nei nostri discorsi, ci fermammo come presi da un impulso, lui mi porse la mano e mi invitò a ballare. Complice un bicchiere di più, quella sera il riconciliarsi fu più forte di qualsiasi altra stanchezza…

Non so per quanto continuò questa follia, ma da quel giorno, ogni venerdì dopo il lavoro mi ritrovavo lì, in preda ad un bisogno incontenibile di ballare con lui. Vivevamo in parti opposte della città, vite diverse, abitudini contrastanti, eppure per un’ora a settimana, lui era mio, ed io totalmente sua. Era un separarsi per poi riconciliarsi. Un po’ come il tango, a tratti mi allontanava con forza per poi riprendermi subito e stringermi a sé.

ALK@art

 

Fonte immagine: Pinterest