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Organismi Viventi a New YorK

Liang scese dal taxi giallo alla 5th avenue, ritenendo che fosse il punto giusto per cominciare il suo servizio fotografico in giro per la città di New York. Si era ripromesso di non fotografare le architetture della città, troppo scontate e già mille volte riproposte in numerosi mostre. Avrebbe immortalato solo sguardi, discorsi, espressioni della gente che incontrata per strada con la più assoluta convinzione che ogni volto avrebbe raccontato una storia. Procedeva a piccoli passi lungo la 5th avenue riscaldato dai colori di una New York autunnale, ascoltava la gente, si fermava, avvicinava la macchina fotografica al volto e catturava una dietro l’altra le espressioni della gente, scattava a più non posso con la consapevolezza che avrebbe scelto solo gli scatti migliori per il contest. Decise di cambiare obiettivo e tirar fuori qualche filtro. Si sedette su una panchina e prese a sistemare la macchina fotografica. Quando ebbe finito, avvicinò gli occhi al mirino e guardò dentro per vedere se era tutto ok.

Fuori dagli schemi e dalle geometrie dell’architettura newyorkése fatta di edifici squadrati e grattacieli che sfidavano il cielo, stava là, dominando la scena, una spirale bianca, una conchiglia pogiata su un basamento, come abbandonata lì da chissà quale onda del mare.

Il Guggenheim Museum di New York, progettato dall’architetto Frank Lloyd Wright, non era un semplice museo, bensì una specie di organismo vivente. Il suo ideale di architettura “organica”, si manifestava compiutamente in quel museo in cui forma, struttura e spazio si fondevano, il museo stesso era visto come un’opera d’arte totale in armonia con pittura e scultura. Wright volle creare un edificio concepito, come egli stesso affermò, come “appropriato involucro dello spazio interno da vivere”. Un unico ambiente avvolgente nel quale visitatori erano dapprima portati al livello più alto da un ascensore, e poi invitati a scendere percorrendo la rampa della spirale dolcemente inclinata sulla quale erano esposte le opere.

All’interno lo spazio si liberava intorno a una grande rampa elicoidale che, partendo dal basso, si avvitava arditamente verso il cielo dilatandosi contemporaneamente fino a sfociare in un’ampia, luminosa cupola vetrata. L’elevazione verso l’alto, verso l’ignoto, verso l’infinito, era conferito proprio dalla forma a spirale. Liang aveva un dono innato di guardare oltre le cose, mentre percorreva il museo osservava le curve la cui visione prospettica cambiava ad ogni passo. Una forma semplice, pensava, un unico piano che si ritorce su se stesso; ma in realtà anche complessa perché suggerisce un percorso quasi infinito, senza un inizio e una fine precisi proprio come una spirale.
Fu proprio nel momento in cui gli venne alla mente l’immagine nitida di una conchiglia bianca, un nautilus, che capì a cosa si era ispirato Wright. Un vero e proprio organismo architettonico, proteso verso l’infinito della conoscenza! Come un organismo vivente…

 

ALK@art

 

Fonte immagine: Pinterest